Innovation in coaching

Porre l’apprendimento al centro per rimanere al passo con i tempi.

Con le mani in pasta per sostenere la motivazione

Rendere possibile ciò che sembra impossibile – questa è un’ambizione tanto inseguita nello sport quanto nei contesti organizzativi. Naturalmente ci sono dei limiti, che spesso però esistono solo nella nostra testa. Nel mio lavoro alleno persone dentro e fuori dalle aziende per superare questi limiti e accedere al loro massimo potenziale.

In merito alle competenze trasversali, per esempio, un tempo si pensava che fossero innate e perciò non allenabili. Oggi, invece, sappiamo che anche il cervello adulto è in grado di svilupparsi e di imparare, e che perciò pure le soft skills sono allenabili.

L’altra falsa credenza da superare è che basta allenarsi, allenarsi tanto e non importa come, oppure fare formazione tanto per farla. Il metodo, invece, fa una grande differenza e, vista la velocità con cui oggi si impongono le novità, anche l’approccio innovativo alla formazione è fondamentale.

La formazione innovativa: il mio approccio

Sostengo con forza che l’insegnamento frontale ha perso la sua supremazia e deve condividere il trono con tutto ciò che sostiene la motivazione consentendo apprendimenti significativi, applicabili, dinamici e spendibili sul mercato del lavoro. Punto perciò su esperienze concrete e coinvolgenti in ambienti adattabili che facilitino la sperimentazione attiva e la riflessione condivisa e che incoraggino la formazione di comunità di pratica che fanno emergere l’intelligenza collettiva del gruppo.

Detta così sembra una banalità perché nessuno vorrebbe investire tempo e risorse in formazione che non serve. Per questo motivo presto molta attenzione ad un’accurata analisi dei bisogni formativi in cui integro le informazioni del cliente – importanti, ma non sufficienti – con sopralluoghi e domande di approfondimento. Il metodo tailor-made è altamente flessibile e adattabile, risponde alle necessità particolari del contesto aziendale o personale e il tempo speso in questo passaggio non è mai sprecato.

Paradossalmente, per essere innovativi basta prendere spunto da come i bambini imparano a stare al mondo: giocano; si divertano; esplorano curiosando e facendo domande; sbagliano e se nessuno li disturba ci riprovano. L’essere umano dal momento in cui nasce è apprendimento.

La formazione in cui credo e che applico come coach sistemica si avvale di questa risorsa intrinseca che tutti noi abbiamo. Mi baso pertanto sul coinvolgimento delle persone in un processo multi-esperienziale, collaborativo e divertente che allo stesso tempo è emozionale e riflessivo, organico e olistico. Disponiamo di tante leve per rendere memorabili gli apprendimenti e io me ne servo.

Proprio grazie alla sua capacità di apprendere sempre e in ogni circostanza, la nostra specie si è evoluta e adattata all’ambiente. Questo atteggiamento oggi si chiama formazione continua oppure lifelong learning, del quale, vista la velocità con cui il mondo intorno a noi sta cambiando, non possiamo più fare a meno. Capita però che le persone, forse memori di come funzionava l’apprendimento a scuola, creino resistenze e non si mettano in gioco per stare al passo coi tempi. Tenendo particolarmente conto delle emozioni in campo, facilito le persone a riscoprire il piacere dell’esplorazione e della scoperta e di servirsene in maniera costante per essere protagonisti e non vittime del momento storico in cui viviamo.

Le aziende tradizionalmentre operano con catene di comando, dove le decisioni sono prese da pochi e la responsabilità è centralizzata. Tuttavia, le imprese innovative riconoscono l’importanza dell’interdipendenza e delle dinamiche circolari. Adottano processi di formazione che coinvolgono tutti i livelli aziendali, inclusi i top manager, in un apprendimento continuo. Questo sistema permette a tutti di imparare da tutti, adattandosi rapidamente ai cambiamenti tecnologici e alle nuove conoscenze, favorendo l’espressione del massimo potenziale individuale e la contaminazione dei saperi.

Creare consapevolezza sulle dinamiche sistemiche e sul funzionamento organico a livello organizzativo è perciò parte integrante del mio metodo di lavoro.

Sostengo con forza che l’insegnamento frontale ha perso la sua supremazia e deve condividere il trono con tutto ciò che sostiene la motivazione e consente quindi apprendimenti significativi, applicabili, dinamici e spendibili sul mercato del lavoro. Per questo motivo, nel mio coaching aziendale diffido dei banchi imbullonati a terra e preferisco ambienti adattabili che facilitino la sperimentazione esperienziale e la riflessione condivisa e che incoraggino la formazione di comunità di pratica che facciano emergere l’intelligenza collettiva del gruppo.

La cassetta degli attrezzi

Il profilo di prestazione nasce come strumento volto ad incrementare la consapevolezza dei soggetti a cui si rivolge. Viene costruito a partire da caratteristiche/qualità valutate dai soggetti come essenziali per eccellere nella pratica del proprio ruolo, e la definizione di elementi e etichette emerge dal confronto all’interno del gruppo. Grazie ad un format grafico “a bersaglio” di rapida lettura, tale strumento consente di rappresentare visivamente e in maniera immediatamente comprensibile le caratteristiche individuate e le auto-valutazioni dei soggetti.

Lo scopo della scrittura autobiografica è quello di diventare osservatore di sé stessi e, sulla base dell’auto-empatia, sviluppare la capacità di identificarsi con le persone del team di cui si fa parte attraverso lo strumento della scrittura di sé.  Ad esempio, se si riflette sulle situazioni in cui ci si sente valorizzati sul lavoro, è più facile capire quando colleghi e dipendenti si sentono a loro volta riconosciuti.

Le storie, specialmente quelle degli atleti, accendono l’immaginazione, scatenano emozioni, fanno riflettere e permettono di guardare alla situazione personale da una prospettiva diversa. Attingendo alle storie e alle esperienze personali e altrui, si può direttamente passare all’utilizzo della ruota senza doverla inventare da zero.

Da molti anni ormai il gioco serio è considerato una valida integrazione nelle attività di formazione: offre l’opportunità di divertirsi e riflettere da un’altra prospettiva sui contenuti da approfondire nel programma di lavoro e favorisce lo storytelling che rafforza il lavoro del team.

I test psicologici permettono al partecipante di comprendere il proprio grado di sviluppo delle diverse soft skills, supportando il percorso di formazione del singolo e del gruppo di cui fa parte.

Questo strumento si basa sulla simulazione di situazioni che hanno attinenza con il contesto di lavoro reale. È strutturato in modo da coinvolgere dal punto di vista emozionale chi vi partecipa, stimolando tanto la capacità dei partecipanti di immedesimarsi con le altre persone coinvolte quanto quella di apprendere.

Il circle time è un momento speciale della formazione in cui non ci sono tavoli, ma solo una schiera di sedie in cerchio. Non ci sono valutazioni delle prestazioni cognitive, ma solo riflessioni e domande comuni accompagnate e guidate da un ascolto non giudicante.

Questo strumento è molto utile per il debriefing dopo le attività pratiche in aula e per le situazioni di brainstorming.

Uscire dai contesti classici di formazione al chiuso e mettersi alla prova con attività sfidanti e di teamwork accende le emozioni, ha effetti energizzanti e promuove lo storytelling di gruppo.

Numerose ricerche confermano oggi che l’apprendimento passivo è il mezzo meno efficace per costruire conoscenze e competenze efficaci e durature. Le aule tradizionali, infatti, a volte anche con banchi e sedie imbullonati al pavimento, non permettono un approccio attivo e costruttivo e inibiscono l’energia necessaria all’apprendimento.

L’importanza di un contesto che favorisca l’apprendimento e coinvolga i partecipanti è ormai assodato.  Con “le mani in pasta”: è così che mi piace descrivere le situazioni in cui i discenti sono protagonisti e progettisti attivi del loro processo di apprendimento, consentendo loro di vivere la formazione con gioia e coinvolgimento emotivo, al fine di rendere le competenze costruite efficaci, memorabili, attivabili e spendibili.

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